Musei

Sezione di Bisceglie

Il Palazzo Vescovile

Tra il 1965 ed il 1972 la Cattedrale di Bisceglie, come altre cattedrali pugliesi, subì radicali restauri tendenti a riportare il monumento alla sua fisionomia originaria. In nome del “ripristino” dello stile romanico furono eliminate tutte le aggiunte e le trasformazioni successive a cominciare dalla cupola. Andarono così distrutti o dispersi gli altari laterali, le balaustre, l’organo, il pulpito, dipinti, sculture, pavimenti maiolicati, arredi, iscrizioni e quant’altro la pietà dei fedeli aveva accumulato nel corso di intere generazioni, cancellando in definitiva secoli di storia del principale monumento cittadino.

Alcuni quadri, tra cui la pala dell’altare maggiore raffigurante la Fondazione della Chiesa, vennero lasciati nei locali del palazzo vescovile. Dei tre grandi dipinti che Nicola Porta aveva eseguito nel 1773, soltanto Il Trionfo dell’Eucaristia, che ne ornava la finta volta, ridotto in pezzi venne depositato nel Castello svevo di Bari, sede della Soprintendenza ai Monumenti. Degli altri due, ammucchiati accanto ai calcinacci con i confessionali ed altri arredi nell’atrio del palazzo vescovile, si era persa ogni traccia nel più completo disinteresse.

La riforma liturgica conseguente al Concilio Ecumenico Vaticano II e la mancanza di una “coscienza della conservazione” nelle varie comunità ecclesiali contribuirono a tali distruzioni e dispersioni. Solo nel 1974 la Conferenza Episcopale Italiana, preoccupata per l’aggravarsi di questi fenomeni, emanò le “Norme per la tutela e conservazione del patrimonio storico artistico della Chiesa in Italia” che raccomandavano ai Vescovi l’istituzione di musei diocesani e di commissioni di laici.

Fu allora che un gruppo di laici, ritenendo che le testimonianze storico-artistiche della città dovessero restare patrimonio di tutti, promosse la costituzione di un’associazione culturale, il Centro Studi Biscegliesi con sede nel palazzo vescovile, che aveva per scopo quello di bloccare l’esodo di opere d’arte dalle chiese e di recuperare quelle disperse. Giacinto La Notte, nominato Delegato vescovile ai Beni Culturali dall’Arcivescovo Carata, proseguendo idealmente l’opera di raccolta delle memorie della Chiesa locale avviata nel ‘600 dal Vescovo Sarnelli presso l’Episcopio, riuscì a costituire una notevole collezione di dipinti, che nel 1980 ebbe formale riconoscimento con l’istituzione della Pinacoteca Diocesana di Bisceglie.

Notevole contributo all’incremento delle raccolte pervenne dalle sorelle Alessandra e Marcella Di Gregorio le quali, in memoria dei loro genitori, donarono al museo dipinti ed arredi salvati dalla distruzione e raccolti con passione dai coniugi Ida e Mimì Di Gregorio, negli anni in cui privati e rappresentanti di istituzioni tendevano a “liberarsi” di cose ritenute vecchie ed inutili. Pervennero così al museo, accanto ad altri dipinti ed arredi, l’Adorazione dei Magi ed alcuni frammenti del grande dipinto raffigurante l’Imperatore Teodosio penitente dinanzi a S. Ambrogio, rimossi dalla Cattedrale durante i lavori del 1965-70. Restaurato dalla Soprintendenza per i Beni Artistici della Puglia pervenne anche il terzo dipinto del Porta raffigurante il Trionfo dell’Eucaristia. Altri depositi e donazioni, da parte di cittadini particolarmente sensibili, continuano tuttora ad ampliare il patrimonio del museo, radicando nella coscienza di ciascuno il valore della conservazione della propria identità culturale.

La parte espositiva del Museo comprende attualmente quattro sezioni: Il lapidario, l’Appartamento Sarnelliano dove è esposta la Quadreria, la Sezione dei gioielli antichi ed abiti femminili, la Sezione dei Tesori della Cattedrale.

Sezione di Bisceglie

Il Museo Diocesano

Racchiude tra le sue mura circa mille anni di storia. Le sue vicende si intrecciano con l’origine e lo sviluppo della stessa città di Bisceglie.

Verso la metà dell’XI secolo Pietro il Normanno, conte di Trani, iniziò un’impegnativa opera di fortificazione dei suoi possedimenti che comprendevano il borgo costiero di Bisceglie.

Qualche anno dopo, a conferma dell’ampliamento e dell’importanza assunta dalla nuova civitas, Papa Alessandro II (1061-1073), istituì la diocesi di Bisceglie, suffraganea di Trani. Ebbe così inizio la costruzione della Cattedrale, che in onore del conte venne intitolata a S. Pietro ed accanto ad essa si dovettero allestire i locali destinati alla residenza del vescovo. Cattedrale ed Episcopio, dunque, inizialmente collocati al margine nord dell’antico borgo, diventeranno il centro della nuova città per effetto del massiccio inurbamento degli abitanti dei circostanti borghi rurali (casali), che costruiranno nuovi quartieri trasferendo nelle rispettive chiese le loro originarie devozioni.

La fusione tra i vari gruppi avvenne solo a distanza di due o tre generazioni, nel 1167, quando il Vescovo Amando diede finalmente ad essi una comune identità, introducendo il culto autoctono ai tre Santi Martiri: Mauro Vescovo, Sergio e Pantaleone, eletti a Protettori della Città. La solida mole della Cattedrale, con l’annesso palazzo episcopale, costituirà per secoli il luogo dove la comunità potrà riunirsi o rifugiarsi. Alla loro costruzione, accanto ai maestri muratori, scalpellini, scultori, venuti anche da terre lontane, concorreranno i cittadini di ogni ordine e grado, uniti da un impegno corale che si rinnoverà di generazione in generazione apportando ai due monumenti i segni delle mode e delle civiltà che si sono succedute.

L’attuale configurazione del Palazzo resta, tuttavia, quella impressagli dal Vescovo Pompeo Sarnelli tra il 1693 ed il 1707 con la costruzione del secondo piano, che presenta soffitti lignei dipinti, e della elegante scalinata a tre ordini di arcate con colonne, stemmi e balaustre in pietra locale.

Per valorizzare le testimonianze del passato, sul loggiato dell’Episcopio, egli diede inizio ad una raccolta di iscrizioni e sculture di cui ci restano alcuni frammenti dell’antico pulpito e del ciborio medioevale della Cattedrale , il bassorilievo con l’effigie del Vescovo Martino de Madio, che, originariamente, si trovava nella Cappella del SS. Sacramento in Cattedrale e due frammenti di epigrafi sepolcrali arabe dell’XI secolo.

Nuovi lavori furono attuati verso la metà del ‘700 dal Vescovo Leonardi che creò l’annesso Seminario e nel 1795 da Mons. Palica, ultimo vescovo di Bisceglie. 

Dopo il passaggio dell’antica Chiesa vescovile di Bisceglie all’Amministrazione perpetua degli Arcivescovi di Trani, avvenuto nel 1818, vennero eseguiti ulteriori lavori per conto dell’Arcivescovo De Franci e del suo successore De Bianchi Dottula. 

Dalla seconda metà del XIX secolo, il Palazzo subì un lento ma inesorabile declino sino al suo totale abbandono. Solo nel 1974, per iniziativa di alcuni cittadini, cominciò il suo recupero ed utilizzo come sede museale per raccogliervi opere d’arte, che altrove correvano il rischio di essere distrutte o disperse. Nel 1980 l’Arcivescovo Carata ne formalizzò la destinazione a sede della Pinacoteca Diocesana di Bisceglie, che in seguito ha assunto l’attuale denominazione di Museo Diocesano – Sede di Bisceglie, facendo parte del Sistema Museale Diocesano Istituito dall’Arcivescovo Giovan Battista Pichierri.

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Il Museo, per il suo modello gestionale è ritenuto un benchmark all’interno del panorama museale italiano e non solo. Rappresenta infatti, un’eccellenza sia dal punto di vista dell’offerta culturale che dal punto di vista gestionale.

Quali sono i vostri partner pubblici e che peso hanno nella vita del Museo?

Nel 2000 è avvenuto un passaggio importante: da ente pubblico il Museo si è trasformato in Fondazione di partecipazione, di diritto privato. La sua governance è costituita interamente da Istituzioni pubbliche (Ministeri dei Beni Culturali, dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e le tre Università milanesi e da qualche anno anche la Camera di Commercio di Milano), ma la sua strategia di sviluppo, le sue modalità di lavoro e di relazione aprono alla partecipazione a diversi livelli di soggetti terzi.

La performance economica della Fondazione è di ricavi auto-generati pari al 75% del valore di bilancio. In pratica solo il 25% è rappresentato da fondi “certi” di tipo gestionale mentre i costi fissi superano il 50% del valore di bilancio. Questa proporzione e il valore assoluto dei contributi gestionali dai Partecipanti alla Fondazione non sono comparabili agli investimenti effettuati dalle istituzioni di altri Paesi europei su analoghi musei nazionali, di pari missione, superficie e patrimonio storico.

I fondi del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), che eroga gran parte della quota gestionale, sono rimasti gli stessi anche successivamente alla trasformazione in fondazione, e sono stati lievemente incrementati solo l’anno scorso.

Il Comune di Milano, proprietario dell’immobile in cui il Museo è ospitato, eroga fondi che di fatto vengono utilizzati per il funzionamento della struttura, che d’altronde richiede un’attenzione particolare essendo un edificio del 1500. Ci sono poi i contributi finalizzati e, in questo senso, durante questi anni il Comune di Milano ha investito sulla sistemazione dell’edificio mentre la Regione Lombardia ha sostenuto numerosi progetti e attività del Museo. Dal 2003 la Camera di Commercio eroga fondi per progetti e dal 2005 anche un contributo gestionale.

In cosa si contraddistingue il vostro Museo oggi, quali sono i suoi punti di forza?

Il Museo è il più grande museo tecnico-scientifico in Italia, uno dei 5 più importanti musei europei. È leader a livello internazionale per la metodologia dell’educazione informale alla scienza e alla tecnologia. È inoltre il più importante museo al mondo dedicato alla figura di Leonardo Da Vinci. Si distingue oggi nel panorama dei musei scientifico-tecnologici per la modalità di partnership con l’industria, che significa condivisione di obiettivi culturali e lavoro congiunto.

Questi traguardi e un grado di progettualità e di innovatività spinta costituiscono gli asset principali sui quali il Museo può far leva anche per lo sviluppo economico.

Qual è attualmente la vostra strategia di gestione?

L’attuale Direttore Fiorenzo Galli, che si è insediato nel 2001, a un anno dalla trasformazione in Fondazione, ha sviluppato una strategia che si sta rivelando determinante, visto che il budget di 4 milioni di euro del 2001 è arrivato ad oggi ad un valore di 12 milioni di euro: l’organizzazione ha internalizzato tutte le figure professionali necessarie per lo sviluppo di un Museo. A partire dai 36 dipendenti nel 2001 oggi annovera 116 dipendenti, assunti con contratti a tempo indeterminato, una vera rarità nel mondo culturale italiano.

Il Museo oggi si pone obiettivi ben precisi: innanzi tutto un completo rinnovamento sia dal punto di vista tematico, che dal punto di vista delle diverse modalità: nuove sezioni e laboratori interattivi dunque (telecomunicazioni, robotica, genetica e biotecnologie, nanotecnologie, alimentazione, materiali, energia, ecc.) realizzati secondo un nuovo modello museologico e museografico.

Il nostro obiettivo è quello di rinnovarci completamente e la strategia che mettiamo in atto si basa sul dialogo, la partecipazione e il coinvolgimento del mondo esterno, in cui gli stakeholders hanno la possibilità di condividere obiettivi specifici e partecipare ai progetti non solo in termini economici. D’altronde questo approccio era nell’identità della nostra istituzione in quanto già nei primi anni di vita del Museo il fondatore, l’industriale milanese Guido Ucelli di Nemi, con grande visione si impegnò per coinvolgere le istituzioni e le principali industrie della Lombardia.

La nostra attività di rinnovamento e di innovazione è divisa in progetti di diversa tipologia e dimensione. Ogni progetto persegue degli obiettivi specifici, ha budget dedicati predisposti grazie all’attività di fund raising presso partner pubblici e privati, che ritrovano nel progetto specifico un’opportunità per raggiungere i propri obiettivi.

Per noi il senso della partecipazione è proprio questo: fare in modo che il progetto in questione, già nella fase di ideazione, detenga delle caratteristiche che lo rendano interessante anche per soggetti terzi, che giungono alla decisione di finanziarlo.

Per rendere realizzabile un progetto è importante fare in modo che i due mondi, quello del Museo, con il suo staff e la sua identità, e quello dell’impresa e delle istituzioni in generale, si incontrino, dialoghino e costruiscano insieme. Da questo connubio nasce la collaborazione proficua che rende raggiungibili le mete che hanno un impatto sulla comunità e fanno la differenza.

Su quanti partner potete contare per ogni progetto?

Nel tempo i rapporti con il mondo esterno si sono evoluti. Inizialmente c’erano alcuni progetti sostenuti da Istituzioni pubbliche, altri da fondazioni, altri da aziende.

Oggi spesso si ha la convergenza di soggetti diversi sullo stesso progetto, che assume dimensioni più consistenti.

Un esempio in tal senso è la nuova area dedicata all’alimentazione, alla cui realizzazione hanno preso parte diversi attori, aumentando così il suo valore complessivo.

Qual è il range di investimento medio dei vostri sponsor o partner?

Dipende dalla dimensione del progetto: da programmi educativi che possono essere realizzati con 50 mila euro a interventi di progettazione e di realizzazione di esposizioni interattive che possono superare complessivamente il milione di euro. Di conseguenza cambierà l’investimento e il numero degli sponsor o dei partner.

In che modo valorizzate gli spazi del Museo per gli eventi corporate, ormai molto diffusi anche nel nostro Paese? Con quali vincoli e politiche commerciali?

Gli eventi corporate, l’affitto cioè di alcune sale del Museo per l’organizzazione di eventi aziendali, possono sembrare un’attività accessoria ma rientrano nella missione del Museo, essendo i professionisti delle aziende uno dei pubblici del Museo.

Pur avendo un approccio puramente commerciale, la nostra policy prevede durante un evento anche un’esperienza di natura culturale, come d esempio una visita guidata ad una sezione del Museo.

Dal punto di vista economico-finanziario questa attività rappresenta circa il 10% del budget annuale ma, dal mio punto di vista, crea soprattutto occasioni di relazioni permettendo di entrare in contatto con aziende ed enti, che potrebbero diventare sostenitori. Negli ultimi anni uno dei motivi più frequenti che hanno spinto le aziende a finanziare i nostri progetti è rappresentato dalla possibilità di coinvolgere i propri dipendenti e le loro famiglie in iniziative culturali ed educative di un’istituzione abituata ad “accogliere”.

Oltre agli incontri dettati da queste occasioni, come entrate in contatto con i vostri partner?

Dipende, a volte siamo noi ad avvicinarci, individuando i soggetti più adeguati sulla base delle caratteristiche del progetto in questione: tipologia, temi, target, ecc.

Quali sono i prossimi goal che vi proponete per quanto concerne il rapporto con i soggetti privati?

Un punto di miglioramento generale del Museo si avrà al termine del lungo e complesso processo di rinnovamento dell’edificio, a cura del Comune di Milano.

Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo dedicato tempo ed energie per un’attività di fund raising del valore complessivo di circa 500 mila euro per la ristrutturazione dei servizi igienici del Museo, fondamentale per i nostri visitatori.

Infine, quali sono i tre suggerimenti che si sente di dare a coloro che oggi si occupano di marketing di un museo?

Innanzitutto il marketing, che è l’attività che permette al museo di dialogare con il mondo esterno e di includerlo nello sviluppo di attività culturali, è una professione che richiede precise competenze e capacità.

Bisogna conoscere il mercato delle risorse, utilizzare un metodo e un linguaggio adeguato.

In secondo luogo l’attività di marketing e fund raising non è fatta solo dall’ufficio preposto a tali attività ma da tutta l’organizzazione, che deve sviluppare una mentalità aperta al dialogo con l’esterno. La capacità di lavorare in partnership è un valore, fa parte della cultura della nostra organizzazione.

Io e il Direttore (Fiorenzo Galli, ndr) non incontriamo da soli i nostri potenziali finanziatori ma presentiamo l’organizzazione e le sue professionalità, chiamiamo a partecipare coloro che si occupano dei contenuti del progetto che proponiamo.

Molti nostri curatori si relazionano con entusiasmo con le aziende, dialogano con i loro esperti, visitano i centri di ricerca e gli archivi.

I nostri partner ci dicono che ragioniamo come un’azienda, ed in un certo senso è vero: siamo un’azienda il cui prodotto è di tipo culturale ed educativo, un servizio culturale per la collettività.

Museo svolge un’opera essenziale per comunicare e diffondere la memoria della storia e dei valori della Resistenza e della Deportazione, collegandola e mantenendola viva in raccordo con la perenne vicenda dei Diritti e delle Libertà fondamentali della persona.

Mette a disposizione della cittadinanza e particolarmente degli studenti delle scuole un allestimento permanente, ha organizzato trentacinque mostre temporanee, attività educative, rassegne cinematografiche, convegni, seminari, spettacoli. La collaborazione con le scuole è stata di particolare importanza e il Museo intende sviluppare e incrementare le sue iniziative di natura educativa.

Fedele alla sua missione e alla sua ragion d’essere, il Museo ha sempre agito tenendo strettamente legati la memoria e la documentazione di un passato tragico e glorioso e l’attenzione agli sviluppi problematici attuali dei diritti e delle libertà, in Italia, in Europa, nel Mondo.

Il Museo vive del contributo in servizi assicurato dal Comune di Torino, nonché delle quote annuali erogate in qualità di Soci fondatori dallo stesso Comune, dalla Provincia di Torino e dalla Regione Piemonte; ha potuto inoltre avvalersi del generoso sostegno delle Fondazioni di origine bancaria, in particolare della Compagnia di San Paolo.

Nell’attuale periodo di grave crisi, anche il Museo, come molte altre isitituzioni culturali, deve misurarsi con una diminuzione delle risorse e con la necessità di contenere al massimo le spese, anche a prezzo di una riduzione delle proprie attività.

Per questo chiediamo a tutti un contributo economico: un gesto che non sarebbe di sola generosità per una istituzione importante, ma anche di presa di posizione culturale.

I contributi possono essere inviati con bonifico bancario intestato a
Associazione Museo dei Diritti e della Libertà – Banca Prossima – IBAN IT80 Q033 5901 6001 0000 0019 375, con causale “Sostegno al Museo Diffuso”.

Grazie a tutti coloro che vorranno sostenerci.

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Sezioni

Autore /Ambito: Ignoto
Datazione: sec. XI
Materia/Tecnica: Marmo cipollino grigio (bardiglio) inciso
Misure: Cm 33x14x8

Iscrizioni:
Traduzione del testo: […morì] il giorno di sabato ai sette mancanti (del mese) di Safa[r l’anno…e attestava che non c’è D]io se non Allah, Lui solo, senza compagni [… e che Maometto è il suo servo] e il suo Inviato; e che il Giardino è vero e [che…] e che Allah risusciterà [chi è nei sepolcri…].

Provenienza: Cattedrale di Bisceglie

Descrizione
Il frammento in questione, insieme al maggiore, venne ritrovato nel 1974 nel giardino del Palazzo Vescovile assieme ad altri frammenti lapidei che il vescovo Pompeo Sarnelli (1693-1724) aveva iniziato a raccogliere per testimoniare l’antichità della diocesi biscegliese. Ne resta ignota la provenienza. E’ probabile che gli stessi siano stati importati come altri frammenti di marmo utilizzati nella decorazione del portale della Cattedrale.

Autore /Ambito: Ignoto
Datazione: sec. XI
Materia/Tecnica: Marmo cipollino grigio (bardiglio) inciso
Misure: Cm 60x21x8

Iscrizioni:
Traduzione con testo integrato: [Nel nome di Allah, il clemente, il misericordioso. Benedica Allah il Profeta] e la sua stirpe e dia loro pace piena. Dì: io mi rifugio presso il Signore dell’Alba da[i mali del creato] e dal male di una notte buia, quando si addensa, e dal male dei soffianti sui [nodi, e del male dell’invidioso che invidia]… La tomba di Aishah figlia di Hammad, figlio di Min-Allah al-Wazzan. M[orì il giorno di…del mese di…dell’anno…quattrocento. Ed essa attestava che non c’è D[io se non Allah e che Maometto è il suo Inviato e] che il Fuoco è vero e che l’Ora viene senza [dubbio e che Allah allora risusciterà ] chi è nei sepolcri.

Provenienza: Cattedrale di Bisceglie

Autore /Ambito:Attribuito a Nicolaus Sacerdos et Magister
Datazione: Prima metà sec. XIII
Materia/Tecnica:Pietra locale scolpita
Misure: Cm 31x25x7

Descrizione:
Il frammento in questione, insieme ad altri, venne raccolto dal vescovo Sarnelli sulla loggia dell’Episcopio. La realizzazione del pulito della Cattedrale di Bisceglie è stata attribuita a Nicolaus Sacerdos et Magister per le indubbie affinità con quello della cattedrale di Bitonto (1229). La descrizione del pulpito è stata resa dal vescovo Cospi in occasione della Santa Visita in cattedrale nel febbraio del 1594. Il Cospi attesta che il pulpito era sostenuto da otto o nove colonne lapidee e caratterizzato da una decorazione a mosaico, di cui resta traccia nelle paste vitree visibili nelle parti incave.

Provenienza: Cattedrale di Bisceglie

Autore /Ambito: Scuola napoletana
Datazione: 1743
Materia/Tecnica: Tela/pittura a olio
Misure: Cm 250×177

Descrizione:
Il dipinto proviene dalla distrutta Cappella della famiglia Tafuri nella chiesa di S. Lorenzo. Anticamente la Cappella era situata fuori la chiesa. Nel 1742 venne demolita per liberarne la facciata e fu assegnata alla famiglia Tafuri una Cappella all’interno della chiesa dove venne collocata la nuova pala d’altare. La Madonna col Bambino in braccio appare seduta su una nube e circondata da una carola di angeli, tra i quali uno, ai suoi piedi, regge un cartiglio con l’iscrizione: “Indulgenza plenaria” alludendo all’apparizione mariana a San Francesco d’Assisi, avvenuta nel 1216 nella chiesa della Porziuncola. Alla destra e alla sinistra, sono rispettivamente inginocchiati S. Francesco di Sales e S. Francesco d’Assisi.

Provenienza: Cattedrale di Bisceglie

Autore /Ambito: Pittore locale, ambito pugliese
Datazione: 1696
Materia/Tecnica: Tempera su legno 

Descrizione:
Terminata la costruzione del secondo piano, il vescovo Sarnelli fece decorare i soffitti lignei nel 1696. Lo stemma del vescovo è visibile al centro del soffitto della sala che anticamente comprendeva anche l’ambiente ora adibito ad ingresso. Lo stemma rappresenta un albero con leone rampante sovrastato da tre stelle e poggiante sulle onde del fiume Sarno.

Autore /Ambito:Scuola veneta
Datazione: sec. XVI
Materia/Tecnica:Tela/pittura a olio
Misure: Cm 130×100

Provenienza: Sacrestia Chiesa S. Maria della Misericordia

Descrizione
La scena è la riproduzione di un’incisione di Federico Barocci, di cui esiste a Londra un dipinto, noto come la Madonna del gatto, presso il British Museum. Nel dipinto, la Vergine è in atto di allattare, mentre il piccolo Gesù lascia un attimo il seno materno per osservare S. Giovannino, il quale ha nella mano sinistra levata un uccellino che sottrae al gatto, in posizione rampante nell’angolo destro. L’uccellino in questione potrebbe essere un cardellino, che prende il nome dalla sua frequentazione delle piante spinose del cardo, al quale è stato associato un significato legato alla Passione di Cristo che ne è la prefigurazione. Il gatto nero simboleggia il maligno e la futura passione di Cristo. A sinistra S. Giuseppe contempla con affettuosa malinconia il gruppetto che sembra proteggere.

Il circuito dei musei

News ed Eventi

Biblioteca Diocesana “Pio IX” Sezione di Barletta

Via Nazareth, 72 – 76121
Barletta (BT)

Telefono e Fax

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Indirizzo
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