Musei
Sezione di Trani
Il Museo




I numerosi reperti raccolti all’interno delle collezioni del Museo Diocesano di Trani sono eloquenti testimonianze del glorioso passato di cui la città fu fiera protagonista e dei suoi insigni monumenti.
I tanti rivolgimenti politici che segnarono il territorio, in particolare in epoca medievale, videro la città e la sua antica diocesi assurgere a un ruolo sempre più preponderante da un punto vista politico e religioso.
Sede di Gastaldato Longobardo dal IX secolo, l’arcidiocesi fu elevata a rango di Arcidiocesi Metropolitana nell’undicesimo secolo.
In questo stesso secolo l’antica chiesa di Santa Maria della Scala, la cui fondazione si fa risalire al V-VI secolo, fu impreziosita da rilevante suppellettile voluta per lo più dal vescovo filo bizantino Giovanni. Giovanni resse la diocesi nel delicato momento che portò all’allontanamento delle chiese di Oriente e Occidente ottenendo il titolo di Synkellos imperiale e patriarcale, nonché la titolarità della chiesa Sipontina e Garganica.
Gli scavi condotti da Riccardo Mola tra il 1970 e 1971 hanno permesso di ricostruire la pianta dell’antica chiesa preromanica: divisa in tre navate da colonnati binati e monoabsidata. Dopo la conquista normanna l’antico luogo di culto subì un notevole impulso costruttivo con l’arrivo di un pellegrino di origini greche: Nicola. Dopo aver attraversato tutta la Puglia con una croce in mano e ripetendo l’invocazione “Kyrie eleison”, arrivò nella città di Trani accolto dal vescovo Bisanzio. Qui il giovane pellegrino morì dopo pochi giorni di permanenza, il 2 Giugno 1094.
Nel Sinodo Romano del 1098, il vescovo Bisanzio chiese che il venerabile Nicola fosse iscritto nel catalogo dei santi per meriti avuti in vita e per miracoli compiuti post mortem.
Dopo l’autorizzazione concessa da Papa Urbano II alla canonizzazione di Nicola, si procedette alla costruzione di una nuova chiesa che avrebbe dovuto contenere le spoglie del nuovo patrono della città e sostituire la vetusta chiesa di Santa Maria della Scala.
Si pose in opera quindi alla fine del XI secolo il cantiere per l’erezione di una delle cattedrali più imponenti e maestose della costa Adriatica, caratterizzata da tre diverse chiese sovrapposte all’interno dello stesso edificio, e con apparati decorativi di grande pregio tra cui spicca la porta di bronzo realizzata da Barisano da Trani tra il 1175 e il 1180.
Nel corso dei secoli successivi le chiese subirono numerosi rimaneggiamenti secondo i diversi stili e le nuove tendenze artistiche che si susseguirono.
La chiesa superiore fu inoltre luogo di sepoltura nel 1277 del principe Filippo, figlio del re Angioino Carlo I e di numerosi esponenti delle nobili famiglie della città. Tra il 1950 e il 1960 l’edificio fu sottoposto a lavori di restauro tesi al ripristino delle antiche forme romaniche. Si eliminarono quindi tutti gli stucchi aggiunti nell’Ottocento per volontà dell’arcivescovo De Franci e si smantellarono tutte le strutture che con il passare dei secoli si erano andate ad aggiungere al complesso originario.
Il materiale lapideo e pittorico smantellato e accatastato inizialmente senza alcun criterio selettivo, fu selezionato e sistemato dall’Arch. Angelo Ambrosi e dal prof. Benedetto Ronchi con l’aiuto del prof. Michele Elia, allora soprintendente ai Beni artistici e Storici della Basilicata. Il progetto, cosi appassionatamente perseguito dall’Arcivescovo di Trani S.E. Mons. Giuseppe Carata di realizzare un Museo Diocesano nella città di Trani, ebbe quindi compimento con la cerimonia di inaugurazione alla presenza dell’Onorevole Aldo Moro allora Presidente del Consiglio.
Inizialmente i reperti furono collocati all’interno dell’attuale Palazzo Addazzi: edificio che sorge a sud – est del campanile della cattedrale e dove nel 1627 l’Arcivescovo Alvarez tentò di istituire a Trani il primo Seminario Vescovile. Negli anni successivi il Museo si arricchì di numerose donazioni di privati per cui si ritenne opportuno nel 1998 creare una nuova disposizione delle collezioni impiegando gli ambienti dell’attiguo Palazzo Lodispoto, edificio che racchiuse nell’Ottocento le arcate medievali utilizzate come logge per le fiere di San Nicola.
Dopo gli ultimi restauri il Museo è stato riaperto al pubblico nel Febbraio 2011; le sue diverse sezioni sono dislocate in tre edifici principali: Palazzo Lodispoto, Palazzo Addazzi e la Sinagoga-Museo-Sant’Anna. Presso Palazzo Lodispoto è visibile la sezione archeologica costituita dalla collezione privata donata dall’Avv. Lillo-Rapisardi.
Si compone di una notevole varietà di materiale: vasi importazione attica e corizia, di produzione italiota, apula, di numerosi pesi da telaio; la sezione del lapidario dove è possibile visionare e comprendere, attraverso i reperti esposti, le diverse fasi decorative che si susseguirono in cattedrale e nelle altre chiese tranesi nel corso dei secoli; la sezione degli arredi con preziosi corredi liturgici, reliquiari, pianete, cartegloria, calici, croci di epoca longobarda in argento e lamina d’oro e il prezioso altarolo in avorio riferibile ad una produzione del XIV sec. ma tradizionalmente ritenuto un dono del sovrano Carlo I d’Angiò al clero tranese dopo l’inumazione del figlio Filippo nella cattedrale di Trani. Palazzo Addazzi è invece sede della Pinacoteca nella quale sono esposti numerosi dipinti sacri come un polittico cinquecentesco attribuito al pittore Z.T. , un crocifisso ligneo seicentesco di Vincenzo Carducci, un dipinto su tavola riferibile ad una produzione tra il XII e il XIV secolo di San Nicola Pellegrino incorniciato dalla scene della sua vita e realizzato in stile bizantineggiante da un anonimo. La Sinagoga – Museo – Sant’Anna, situata nel cuore del quartiere ebraico medievale, ospita infine la sezione di storia e cultura ebraica del territorio.
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Il Museo, per il suo modello gestionale è ritenuto un benchmark all’interno del panorama museale italiano e non solo. Rappresenta infatti, un’eccellenza sia dal punto di vista dell’offerta culturale che dal punto di vista gestionale.
Quali sono i vostri partner pubblici e che peso hanno nella vita del Museo?
Nel 2000 è avvenuto un passaggio importante: da ente pubblico il Museo si è trasformato in Fondazione di partecipazione, di diritto privato. La sua governance è costituita interamente da Istituzioni pubbliche (Ministeri dei Beni Culturali, dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e le tre Università milanesi e da qualche anno anche la Camera di Commercio di Milano), ma la sua strategia di sviluppo, le sue modalità di lavoro e di relazione aprono alla partecipazione a diversi livelli di soggetti terzi.
La performance economica della Fondazione è di ricavi auto-generati pari al 75% del valore di bilancio. In pratica solo il 25% è rappresentato da fondi “certi” di tipo gestionale mentre i costi fissi superano il 50% del valore di bilancio. Questa proporzione e il valore assoluto dei contributi gestionali dai Partecipanti alla Fondazione non sono comparabili agli investimenti effettuati dalle istituzioni di altri Paesi europei su analoghi musei nazionali, di pari missione, superficie e patrimonio storico.
I fondi del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), che eroga gran parte della quota gestionale, sono rimasti gli stessi anche successivamente alla trasformazione in fondazione, e sono stati lievemente incrementati solo l’anno scorso.
Il Comune di Milano, proprietario dell’immobile in cui il Museo è ospitato, eroga fondi che di fatto vengono utilizzati per il funzionamento della struttura, che d’altronde richiede un’attenzione particolare essendo un edificio del 1500. Ci sono poi i contributi finalizzati e, in questo senso, durante questi anni il Comune di Milano ha investito sulla sistemazione dell’edificio mentre la Regione Lombardia ha sostenuto numerosi progetti e attività del Museo. Dal 2003 la Camera di Commercio eroga fondi per progetti e dal 2005 anche un contributo gestionale.
In cosa si contraddistingue il vostro Museo oggi, quali sono i suoi punti di forza?
Il Museo è il più grande museo tecnico-scientifico in Italia, uno dei 5 più importanti musei europei. È leader a livello internazionale per la metodologia dell’educazione informale alla scienza e alla tecnologia. È inoltre il più importante museo al mondo dedicato alla figura di Leonardo Da Vinci. Si distingue oggi nel panorama dei musei scientifico-tecnologici per la modalità di partnership con l’industria, che significa condivisione di obiettivi culturali e lavoro congiunto.
Questi traguardi e un grado di progettualità e di innovatività spinta costituiscono gli asset principali sui quali il Museo può far leva anche per lo sviluppo economico.
Qual è attualmente la vostra strategia di gestione?
L’attuale Direttore Fiorenzo Galli, che si è insediato nel 2001, a un anno dalla trasformazione in Fondazione, ha sviluppato una strategia che si sta rivelando determinante, visto che il budget di 4 milioni di euro del 2001 è arrivato ad oggi ad un valore di 12 milioni di euro: l’organizzazione ha internalizzato tutte le figure professionali necessarie per lo sviluppo di un Museo. A partire dai 36 dipendenti nel 2001 oggi annovera 116 dipendenti, assunti con contratti a tempo indeterminato, una vera rarità nel mondo culturale italiano.
Il Museo oggi si pone obiettivi ben precisi: innanzi tutto un completo rinnovamento sia dal punto di vista tematico, che dal punto di vista delle diverse modalità: nuove sezioni e laboratori interattivi dunque (telecomunicazioni, robotica, genetica e biotecnologie, nanotecnologie, alimentazione, materiali, energia, ecc.) realizzati secondo un nuovo modello museologico e museografico.
Il nostro obiettivo è quello di rinnovarci completamente e la strategia che mettiamo in atto si basa sul dialogo, la partecipazione e il coinvolgimento del mondo esterno, in cui gli stakeholders hanno la possibilità di condividere obiettivi specifici e partecipare ai progetti non solo in termini economici. D’altronde questo approccio era nell’identità della nostra istituzione in quanto già nei primi anni di vita del Museo il fondatore, l’industriale milanese Guido Ucelli di Nemi, con grande visione si impegnò per coinvolgere le istituzioni e le principali industrie della Lombardia.
La nostra attività di rinnovamento e di innovazione è divisa in progetti di diversa tipologia e dimensione. Ogni progetto persegue degli obiettivi specifici, ha budget dedicati predisposti grazie all’attività di fund raising presso partner pubblici e privati, che ritrovano nel progetto specifico un’opportunità per raggiungere i propri obiettivi.
Per noi il senso della partecipazione è proprio questo: fare in modo che il progetto in questione, già nella fase di ideazione, detenga delle caratteristiche che lo rendano interessante anche per soggetti terzi, che giungono alla decisione di finanziarlo.
Per rendere realizzabile un progetto è importante fare in modo che i due mondi, quello del Museo, con il suo staff e la sua identità, e quello dell’impresa e delle istituzioni in generale, si incontrino, dialoghino e costruiscano insieme. Da questo connubio nasce la collaborazione proficua che rende raggiungibili le mete che hanno un impatto sulla comunità e fanno la differenza.
Su quanti partner potete contare per ogni progetto?
Nel tempo i rapporti con il mondo esterno si sono evoluti. Inizialmente c’erano alcuni progetti sostenuti da Istituzioni pubbliche, altri da fondazioni, altri da aziende.
Oggi spesso si ha la convergenza di soggetti diversi sullo stesso progetto, che assume dimensioni più consistenti.
Un esempio in tal senso è la nuova area dedicata all’alimentazione, alla cui realizzazione hanno preso parte diversi attori, aumentando così il suo valore complessivo.
Qual è il range di investimento medio dei vostri sponsor o partner?
Dipende dalla dimensione del progetto: da programmi educativi che possono essere realizzati con 50 mila euro a interventi di progettazione e di realizzazione di esposizioni interattive che possono superare complessivamente il milione di euro. Di conseguenza cambierà l’investimento e il numero degli sponsor o dei partner.
In che modo valorizzate gli spazi del Museo per gli eventi corporate, ormai molto diffusi anche nel nostro Paese? Con quali vincoli e politiche commerciali?
Gli eventi corporate, l’affitto cioè di alcune sale del Museo per l’organizzazione di eventi aziendali, possono sembrare un’attività accessoria ma rientrano nella missione del Museo, essendo i professionisti delle aziende uno dei pubblici del Museo.
Pur avendo un approccio puramente commerciale, la nostra policy prevede durante un evento anche un’esperienza di natura culturale, come d esempio una visita guidata ad una sezione del Museo.
Dal punto di vista economico-finanziario questa attività rappresenta circa il 10% del budget annuale ma, dal mio punto di vista, crea soprattutto occasioni di relazioni permettendo di entrare in contatto con aziende ed enti, che potrebbero diventare sostenitori. Negli ultimi anni uno dei motivi più frequenti che hanno spinto le aziende a finanziare i nostri progetti è rappresentato dalla possibilità di coinvolgere i propri dipendenti e le loro famiglie in iniziative culturali ed educative di un’istituzione abituata ad “accogliere”.
Oltre agli incontri dettati da queste occasioni, come entrate in contatto con i vostri partner?
Dipende, a volte siamo noi ad avvicinarci, individuando i soggetti più adeguati sulla base delle caratteristiche del progetto in questione: tipologia, temi, target, ecc.
Quali sono i prossimi goal che vi proponete per quanto concerne il rapporto con i soggetti privati?
Un punto di miglioramento generale del Museo si avrà al termine del lungo e complesso processo di rinnovamento dell’edificio, a cura del Comune di Milano.
Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo dedicato tempo ed energie per un’attività di fund raising del valore complessivo di circa 500 mila euro per la ristrutturazione dei servizi igienici del Museo, fondamentale per i nostri visitatori.
Infine, quali sono i tre suggerimenti che si sente di dare a coloro che oggi si occupano di marketing di un museo?
Innanzitutto il marketing, che è l’attività che permette al museo di dialogare con il mondo esterno e di includerlo nello sviluppo di attività culturali, è una professione che richiede precise competenze e capacità.
Bisogna conoscere il mercato delle risorse, utilizzare un metodo e un linguaggio adeguato.
In secondo luogo l’attività di marketing e fund raising non è fatta solo dall’ufficio preposto a tali attività ma da tutta l’organizzazione, che deve sviluppare una mentalità aperta al dialogo con l’esterno. La capacità di lavorare in partnership è un valore, fa parte della cultura della nostra organizzazione.
Io e il Direttore (Fiorenzo Galli, ndr) non incontriamo da soli i nostri potenziali finanziatori ma presentiamo l’organizzazione e le sue professionalità, chiamiamo a partecipare coloro che si occupano dei contenuti del progetto che proponiamo.
Molti nostri curatori si relazionano con entusiasmo con le aziende, dialogano con i loro esperti, visitano i centri di ricerca e gli archivi.
I nostri partner ci dicono che ragioniamo come un’azienda, ed in un certo senso è vero: siamo un’azienda il cui prodotto è di tipo culturale ed educativo, un servizio culturale per la collettività.
Museo svolge un’opera essenziale per comunicare e diffondere la memoria della storia e dei valori della Resistenza e della Deportazione, collegandola e mantenendola viva in raccordo con la perenne vicenda dei Diritti e delle Libertà fondamentali della persona.
Mette a disposizione della cittadinanza e particolarmente degli studenti delle scuole un allestimento permanente, ha organizzato trentacinque mostre temporanee, attività educative, rassegne cinematografiche, convegni, seminari, spettacoli. La collaborazione con le scuole è stata di particolare importanza e il Museo intende sviluppare e incrementare le sue iniziative di natura educativa.
Fedele alla sua missione e alla sua ragion d’essere, il Museo ha sempre agito tenendo strettamente legati la memoria e la documentazione di un passato tragico e glorioso e l’attenzione agli sviluppi problematici attuali dei diritti e delle libertà, in Italia, in Europa, nel Mondo.
Il Museo vive del contributo in servizi assicurato dal Comune di Torino, nonché delle quote annuali erogate in qualità di Soci fondatori dallo stesso Comune, dalla Provincia di Torino e dalla Regione Piemonte; ha potuto inoltre avvalersi del generoso sostegno delle Fondazioni di origine bancaria, in particolare della Compagnia di San Paolo.
Nell’attuale periodo di grave crisi, anche il Museo, come molte altre isitituzioni culturali, deve misurarsi con una diminuzione delle risorse e con la necessità di contenere al massimo le spese, anche a prezzo di una riduzione delle proprie attività.
Per questo chiediamo a tutti un contributo economico: un gesto che non sarebbe di sola generosità per una istituzione importante, ma anche di presa di posizione culturale.
I contributi possono essere inviati con bonifico bancario intestato a
Associazione Museo dei Diritti e della Libertà – Banca Prossima – IBAN IT80 Q033 5901 6001 0000 0019 375, con causale “Sostegno al Museo Diffuso”.
Grazie a tutti coloro che vorranno sostenerci.
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Sezioni
Autore /Ambito: Z.T.
Datazione:prima metà del XVI
Materia/Tecnica: Dipinto ad olio su legno
Misure: H 2.60 – L 1.92
Provenienza: Cattedrale di Trani
Descrizione:
Nello scomparto centrale è dipinto San Magno con indosso delle sontuose vesti episcopali. Con la destra regge un libro aperto e con la sinistra il pastorale. Sul suo capo è posata una mitra istoriata ed i suoi lineamenti sono marcati. A destra è raffigurato San Nicola di Bari secondo l’iconografia ufficiale con pastorale e crocifisso dalla lunga asta. A sinistra è invece raffigurato San Redento, tradizionalmente indicato come uno dei primi vescovi di Trani. Ha il volto incorniciato da una lunga barba, la sua mano destra accarezza un felino e con la sinistra regge un libro ed una croce. Il polittico è sormontato da una lunetta al centro della quale è raffigurata la Madonna con le mani al seno. E’ in atteggiamento di adorazione del Bambino che le sta davanti. Alla sua destra e alla sua sinistra sono raffigurate Santa Barbara e Santa Caterina d’Alessandria. Sulla base di alcune analisi critiche il D’Elia attribuisce il dipinto al pittore Z.T. “che mescolando e sovrapponendo elementi di cultura neo – bizantina e umbro – fiammingheggiante aveva ottenuto tanto successo nell’ambito locale”.
Autore /Ambito: Palma il Vecchio (?)
Datazione: XVI
Materia/Tecnica: Dipinto ad olio su tavola
Misure: H 180 L 188
Provenienza: Chiesa di Ognissanti – Trani
Descrizione:
Nella parte centrale del polittico è rappresentata la Madonna circondata da numerosi Santi. La vergine vestita di una tunica rossa e un manto azzurro, è rappresentata di prospetto con le mani giunte e sovrasta in altezza tutte le altre figure. A sinistra della Madonna San Pietro regge le chiavi, a destra San Paolo si appoggia alla spada. a Sinistra, su di una tavola centinata, è dipinto San Nicola Pellegrino secondo l’iconografia ufficiale: indossa il saio e la scarsella a tracollo, regge nella sinistra una croce e solleva la mano destra in atto benedicente. A destra, su tavola delle stesse dimensioni, è rappresentato San Nicola di Bari con indosso i paramenti sacri. Ha una lunga barba bianca e mitra sul capo e regge nella mano sinistra il pastorale. I due dipinti laterali sono sormontati da due tondi all’interno dei quali sono raffigurati un Santo Vescovo benedicente a sinistra, mentre a destra è raffigurato San Girolamo con cappello cardinalizio e con il libro aperto nelle mani.
Autore /Ambito:Vincenzo Carducci
Datazione: 1625
Materia/Tecnica: Dipinto su legno
Misure: H 58 L 36
Provenienza: Cattedrale
Descrizione:
Custodito in una teca a forma di croce il crocifisso colpisce per il colorito e la buona fattura. Le aste della croce sulle quali è dipinto Gesù sono larghe cm 6 e le loro estremità superiori sono ornate da angioletti in argento. Il volto del Cristo presenta tratti somatici delicati e vi traspare un certo pallore. Ai piedi della croce sono dipinto la Morte e Satana. Ai piedi del Cristo: VINCENCIO CARDUCHI P.R.F. 1625.
Autore /Ambito: Scuola napoletana
Datazione: Sec. XVII
Materia/Tecnica: Dipinto ad olio su tela
Misure: H 210 – L 148
Provenienza: Cattedrale
Descrizione:
Al centro del dipinto emerge la monumentale figura del Cristo. Il suo capo aureolato e l’omero destro nudo sono particolarmente luminosi. Il viso, incorniciato da barba e capelli castani, è di grande espressività, i suoi occhi sono pensosi ed il suo portamento sereno. Intorno a Lui, in penombra una serie di figure minacciose, alcune di esse indossano degli elmi ed hanno nei confronti del Redentore un atteggiamento di scherno.
Autore /Ambito: Scuola Napoletana
Datazione: Sec. XVIII
Materia/Tecnica: Dipinto ad olio su tela
Provenienza: Ignota
Descrizione:
La Madonna è seduta su una nuvola con portamento eretto. E’ avvolta in un manto verde e indossa una veste color rosa. Il suo capo è coronato ed il suo viso è giovanile e regolare. Regge nella mano destra una croce dalla lunga asta e dal doppio braccio trasversale. Il Bambino siede sulla gamba sinistra della Madre e ha la mano destra levata in atto benedicente. Le due figure sono circondate da angeli e cherubini adoranti. In basso al centro è raffigurata Santa Caterina con lo sguardo rivolto verso il cielo e il capo contornato da una corona di spine. Alla sua destra San Giuseppe, inginocchiato di profilo, avvolto in un manto marrone e con in mano un bastone fiorito, ha il viso rivolto verso la Madonna. A sinistra di Santa Caterina è raffigurato un Santo Vescovo (Sant’Agostino?) con pastorale e mitra.
Autore /Ambito: Scuola Napoletana
Datazione: sec. XVII
Materia/Tecnica: Dipinto ad olio su tela
Misure: H 220 – L 148
Provenienza: Chiesa Matrice del cimitero di Trani
Descrizione:
In alto, al centro, emerge la Madonna dalle nuvole a mezza figura mentre stringe a sè il Bambino, il quale, in un atteggiamento che esprime vitalità, accarezza con la mano destra il mento della Madre. La Madonna veste un manto orlato che le scende dal capo, ha lo sguardo rivolto verso la sua destra ed un’espressione tenera e materna. La figura della Vergine è fiancheggiata da cinque teste di cherubini per lato che completano la parte superiore del quadro. In basso, in ginocchio, sono raffigurati da sinistra: Santo Stefano (o San Lorenzo) di aspetto giovanile; un Santo Camaldolese con le mani giunte e la barba; San Girolamo con manto e cappuccio che regge un cartiglio su cui si legge: ECCE VENIT DOMINICUS COM SANCTIS MILLIBUS. Sant’Onofrio con le spalle nude e il bastone tra le mani.
Sezione di Bisceglie
Il Museo Diocesano

Racchiude tra le sue mura circa mille anni di storia. Le sue vicende si intrecciano con l’origine e lo sviluppo della stessa città di Bisceglie.
Verso la metà dell’XI secolo Pietro il Normanno, conte di Trani, iniziò un’impegnativa opera di fortificazione dei suoi possedimenti che comprendevano il borgo costiero di Bisceglie.
Qualche anno dopo, a conferma dell’ampliamento e dell’importanza assunta dalla nuova civitas, Papa Alessandro II (1061-1073), istituì la diocesi di Bisceglie, suffraganea di Trani. Ebbe così inizio la costruzione della Cattedrale, che in onore del conte venne intitolata a S. Pietro ed accanto ad essa si dovettero allestire i locali destinati alla residenza del vescovo. Cattedrale ed Episcopio, dunque, inizialmente collocati al margine nord dell’antico borgo, diventeranno il centro della nuova città per effetto del massiccio inurbamento degli abitanti dei circostanti borghi rurali (casali), che costruiranno nuovi quartieri trasferendo nelle rispettive chiese le loro originarie devozioni.
La fusione tra i vari gruppi avvenne solo a distanza di due o tre generazioni, nel 1167, quando il Vescovo Amando diede finalmente ad essi una comune identità, introducendo il culto autoctono ai tre Santi Martiri: Mauro Vescovo, Sergio e Pantaleone, eletti a Protettori della Città. La solida mole della Cattedrale, con l’annesso palazzo episcopale, costituirà per secoli il luogo dove la comunità potrà riunirsi o rifugiarsi. Alla loro costruzione, accanto ai maestri muratori, scalpellini, scultori, venuti anche da terre lontane, concorreranno i cittadini di ogni ordine e grado, uniti da un impegno corale che si rinnoverà di generazione in generazione apportando ai due monumenti i segni delle mode e delle civiltà che si sono succedute.
L’attuale configurazione del Palazzo resta, tuttavia, quella impressagli dal Vescovo Pompeo Sarnelli tra il 1693 ed il 1707 con la costruzione del secondo piano, che presenta soffitti lignei dipinti, e della elegante scalinata a tre ordini di arcate con colonne, stemmi e balaustre in pietra locale.
Per valorizzare le testimonianze del passato, sul loggiato dell’Episcopio, egli diede inizio ad una raccolta di iscrizioni e sculture di cui ci restano alcuni frammenti dell’antico pulpito e del ciborio medioevale della Cattedrale , il bassorilievo con l’effigie del Vescovo Martino de Madio, che, originariamente, si trovava nella Cappella del SS. Sacramento in Cattedrale e due frammenti di epigrafi sepolcrali arabe dell’XI secolo.
Nuovi lavori furono attuati verso la metà del ‘700 dal Vescovo Leonardi che creò l’annesso Seminario e nel 1795 da Mons. Palica, ultimo vescovo di Bisceglie.
Dopo il passaggio dell’antica Chiesa vescovile di Bisceglie all’Amministrazione perpetua degli Arcivescovi di Trani, avvenuto nel 1818, vennero eseguiti ulteriori lavori per conto dell’Arcivescovo De Franci e del suo successore De Bianchi Dottula.
Dalla seconda metà del XIX secolo, il Palazzo subì un lento ma inesorabile declino sino al suo totale abbandono. Solo nel 1974, per iniziativa di alcuni cittadini, cominciò il suo recupero ed utilizzo come sede museale per raccogliervi opere d’arte, che altrove correvano il rischio di essere distrutte o disperse. Nel 1980 l’Arcivescovo Carata ne formalizzò la destinazione a sede della Pinacoteca Diocesana di Bisceglie, che in seguito ha assunto l’attuale denominazione di Museo Diocesano – Sede di Bisceglie, facendo parte del Sistema Museale Diocesano Istituito dall’Arcivescovo Giovan Battista Pichierri.
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